Mostra: TESTIMONE DELLA PROPRIA SOGGETTIVITA’ – Fabrizio Tempesti

Mostra: TESTIMONE  DELLA PROPRIA SOGGETTIVITA’ – Fabrizio Tempesti

«Le mie fotografie nascono sempre da una necessità interiore, da un’esperienza dello spirito. […] Ho una visione della vita, e talvolta cerco di trovare l’equivalente sotto forma di fotografie.»1 In questa concisa asserzione che Alfred Stieglitz stilò quasi un secolo addietro, c’è tutta l’essenza del “fare fotografia” in quanto proiezione del proprio io, della propria individualità, della propria unicità fatta di esperienze, di situazioni, di cultura e di sensibilità. Il fotografo, secondo Stieglitz (e non solo secondo il grande fotografo e gallerista statunitense), è colui che, attraverso gli “equivalenti”, ritrae i propri stati d’animo, e riesce quindi a rivelare l’invisibile tramite il visibile, l’interno attraverso l’esterno. Ovverosia, come affermava Roland Barthes, «il fotografo è essenzialmente testimone della propria soggettività, cioè del modo in cui si pone come soggetto di fronte a un oggetto.»2

In altre parole, l’atto fotografico non può essere altro che un gesto interpretativo conseguente alle caratteristiche culturali, sociali, ideologiche ed etiche del fotografo, nonché ai condizionamenti di varia natura del contesto.

Tutto ciò ci fa capire che una fotografia non ci parla mai solo di chi o di cosa sta davanti all’obiettivo, ma anche (e talvolta soprattutto) di chi si trova dietro ad esso, con tutte le sue caratteristiche sensoriali, non necessariamente solo visive, ma anche mentali, cognitive ed emozionali. Perché prima di tutto siamo uomini, con le nostre propensioni, le nostre capacità e le nostre debolezze, e solo in un secondo tempo siamo fotografi.

Ordunque, l’opera di Fabrizio Tempesti, il suo lavoro (in pratica tutto il suo lavoro, da quello delle immagini di stampo marcatamente concorsuale degli inizi, fino agli ultimi portfolio, ponderati e maturi, realizzati negli anni più recenti), sembra essere un’implicita conferma di quanto detto. Dietro all’obiettivo c’è un uomo che ha la coscienza del suo ruolo, un uomo innamorato della fotografia in quanto strumento di ricerca, di riflessione, di sviluppo intellettuale, e quindi di cultura. Dietro all’obiettivo c’è un fotografo poco incline a cercare facili gratificazioni attraverso lo sfoggio della propria creatività. C’è, invece, un autore che, tramite il medium fotografico, preferisce rappresentare il “fuori” attraverso il suo “dentro”, e che nell’immagine proietta, con onestà intellettuale, le sue sensazioni e il suo vissuto, consapevole di dare spazio e corpo a qualcosa che va oltre al rappresentato. La fotografia è uno strumento che consente di esprimere impressioni ed emozioni, opinioni e idee, è un mezzo che consente di esteriorizzare sentimenti, movimenti dell’animo; come lo stupore destato dalla contagiosa allegria a metà prezzo degli “happy hour”, oppure la compassione e la partecipazione per l’assordante silenzio della casa di guerra, o ancora la rispettosa carità per i morti del Macrolotto di Prato.

Una fotografia fatta senza avere qualcosa da dire è una fotografia vuota, una fotografia senz’anima. Lo sa bene Fabrizio. Le sue, per chi le sa cogliere, sono emozioni sincere, trasparenti e, in quanto tali,  catalizzatrici di altre emozioni.

FULVIO MERLAK

Fabrizio Tempesti – biografia

Fabrizio Tempesti è nato e risiede a Prato. Si avvicina alla fotografia negli anni del liceo (‘68) ma inizia a fotografare con impegno e stampare il bianco e nero nel 1977, anno di iscrizione al Fotoclub Il Bacchino BFI di Prato. Dopo le prime ammissioni arrivano numerosi premi ad importanti concorsi valevoli per la statistica FIAF. E’ animatore di significative attività culturali, direttore del Dipartimento Manifestazioni FIAF e Consigliere Nazionale per 9 anni, attività che gli valgono le onorificenze BFI ed ESFIAP. Nel maggio 2013 gli viene conferita anche quella di IFI (Insigne Fotografo Italiano).

Alcune sue pubblicazioni sono: Reperti Industriali (1982); Prato, Città di Mercanti (1983); I sassi acuti della Calvana (1993); Il tempo dei cento colpi (1996); Storie diverse di gente comune (2014). Ha esposto nelle collettive Un Paese unico, Italia fotografie (Alinari, 1997); Immagini del gusto (FIAF-Slow Food, 2005 e FIAF 2008); 17 marzo 2011, Una giornata Italiana; Casa di guerra (CIFA Bibbiena, fase finale Portfolio Italia 2013); Manichini della Moda (CIFA Bibbiena, fase finale Portfolio Italia 2014, 2° premio ex aequo). Nel 2015 è uno dei dieci Testimonial Samsung per il progetto della FIAF Tanti per Tutti, viaggio nel volontariato italiano e nel 2016 la Federazione Italiana Associazioni Fotografiche lo nomina Autore dell’Anno.

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