“MEMORIE” di Michele Vicenzi
Tutto scivola via. Il volto, il nome, la voce.
Eppure qualcosa resta.
Non come presenza, ma come traccia.
Non come realtà, ma come immagine:
un’ombra, una fotografia, un segno inciso nel corpo.
Memorie non tenta di ricordare, ma di
attraversare ciò che il ricordo lascia dietro di sé.
Polvere, rami, pelle.
Una forma dopo la forma.
Chi osserva non è chiamato a comprendere,
ma a riconoscere: nel silenzio delle immagini,
qualcosa che gli appartiene già.
“Ho imparato ad accettare, con lucida serenità,
Che di me, come di loro, un giorno non resterà
altro, polvere ed una vecchia foto sbiadita.”
All’origine, solo materia fragile.
Rami, come vene secche,
una volta trasportavano linfa.
Tracce della forma prima del pensiero.
La memoria si fa carta.
Ingiallisce, si increspa, si smargina.
Eppure resta, ostinata.
Una fotografia come reliquia minima.
Sulla soglia del silenzio.
La cenere disegna ciò che è stato.
Segue i contorni con rispetto,
Senza pretese di ricostruzione.
A volte ciò che conta si imprime nella pelle.
Un segno, un gesto, un frammento inciso.
Non per mostrarsi,
ma per non dimenticare del tutto.
Alla fine resta una sagoma.
Volto negato, identità assente.
Come chi resta in ascolto
dell’eco di sé stesso.
Memorie nasce da un’urgenza silenziosa:
quella di osservare ciò che resta quando tutto si dissolve.
Non è un tentativo di trattenere il passato, ma di esplorare
la sua eco visiva, quella traccia fragile e irriducibile che sopravvive
oltre il tempo, oltre la presenza.
Le immagini che compongono questo progetto si susseguono
come capitoli di un processo di sedimentazione:
1 ramo, la cenere, le fotografie, la pelle, l’assenza.
Ogni elemento è testimone di un passaggio,
di una forma che cambia, di un’identità che si sfalda
per rivelare qualcosa di più essenziale.
La scelta del bianco e nero netto, senza sfumature,
nasce dal desiderio di sospendere il tempo, di togliere ogni
distrazione e restituire alla luce la sua funzione primaria:
rivelare e incidere.
Questo lavoro è anche una riflessione sull’immagine come reliquia,
come corpo muto e persistente.
In un’epoca in cui tutto si moltiplica, si consuma in fretta.
Memorie prova a rallentare, a guardare dentro l’immagine invece
che attraverso di essa.
A ricordarci che siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le
fotografie: polvere, traccia, luce.

